Dall’Università di Cambridge un alleato contro la crisi energetica e idrica
La svolta per quasi 2 miliardi di persone senza l’accesso all’acqua potabile potrebbe arrivare da un dispositivo sviluppato all’Università di Cambridge. Si tratta di una tecnologia che sfrutta l’energia solare e converte acqua fortemente inquinata in acqua potabile e idrogeno pulito.
Il funzionamento di questo dispositivo è notevole: la sua particolarità sta nella capacità di operare autonomamente, senza energia esterna. Ciò lo rende particolarmente adatto a contesti isolati e fuori dalla rete elettrica. Il dispositivo inoltre è dotato di un design semplice ed efficiente, può essere assemblato facilmente e si adatta alle varie fonti di acqua. Semplicità, efficienza e versatilità: tre caratteristiche che promettono la risoluzione simultanea di due delle problematiche più serie del nostro tempo, ovvero la carenza di acqua potabile e la difficoltà di accesso all’energia pulita.
La versatilità del dispositivo favorisce la sua adozione su larga scala: un dettaglio non trascurabile per quelle regioni in cui le infrastrutture essenziali per la purificazione dell’acqua sono inesistenti o scarse. Il dispositivo infatti è particolarmente resistente agli agenti inquinanti e il suo design galleggiante lo rende efficace anche in acque torbide o fangose.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati dalla rivista “Nature Water”: sebbene si tratti di un dispositivo ancora in fase sperimentale, il potenziale di questa tecnologia è enorme (e ulteriormente perfezionabile) visto che avrebbe effetti diretti sullo sviluppo sostenibile in ottica di economia circolare. In un’epoca di crisi climatica, i problemi di inquinamento e le sfide sanitarie sono strettamente connessi. Ecco perché affrontare simultaneamente le questioni ambientali e sanitarie potrebbe rivoluzionare la vita di molte persone.
Guardiamo più nello specifico il funzionamento di questa tecnologia: gli scienziati hanno puntato a riprodurre il meccanismo della fotosintesi. Il dispositivo è una sorta di evoluzione delle cosiddette “foglie artificiali”, che imitano la fotosintesi naturale, con il fine di produrre composti chimici, come carburanti, partendo da acqua, sole e CO2.
La “foglia artificiale” riesce a depurare l’acqua, sia marina che contaminata da agenti esterni. Secondo Chanon Pornrungroj, autore della ricerca, riuscire a integrare la produzione di carburanti solari con la depurazione dell’acqua in un singolo dispositivo è una sfida tecnica enorme, visto che la scissione dell’acqua attivata dal sole richiede un’acqua completamente pura per evitare l’avvelenamento del catalizzatore o reazioni chimiche indesiderate.
Queste sfide sono state superate con la creazione di fogli solari galleggianti che combinano funzioni fotocatalitiche e fototermiche. È stata applicata una polvere di titanato di stronzio e alluminio, che svolge il ruolo di catalizzatore, su un generatore di vapore solare costituito da una rete nanostrutturata di carbonio in grado di assorbire luce e calore, e quindi di galleggiare. Questo sistema consente di separare l’acqua evaporata dall’elemento sottostante, generando idrogeno pulito e ossigeno. Allo stesso tempo, la struttura porosa del generatore di vapore impedisce il passaggio di sale e impurità, assicurando così acqua potabile.