Cyborg: quando la tecnologia incontro l’uomo
Dal leggendario Terminator al fiabesco Alita al distopico Ghost in the shell, i cyborg dominano la cinematografia. Perché? Perché è affascinante un mondo in cui l’umano non è più solo umano, ma può, grazie alla tecnologia, potenziare sé stesso e le proprie capacità. Sconfinare i confini del troppo umano, ma senza magia o super poteri.
Innanzitutto: che cos’è un cyborg? Questo termine, nato negli anni Sessanta con gli studi dei ricercatori Manfred E. Clynes e Nathan S. Kline, accorpa le due parole cybernetic e organism e indica quell’insieme di componenti artificiali che sostituiscono o potenziano funzionalità o abilità di un essere umano.
Molto interessante è considerare l’approccio dell’opinione pubblica su questo tema: una ricerca condotta nel 2020 su oltre 14 mila persone in sedici Paesi, ha dimostrato che in Europa quasi due terzi della popolazione aumenterebbe le funzioni fisiche attraverso la tecnologia. I risultati dimostrano che le risposte variano a seconda dei vari gruppi demografici, del sesso e dell’età. Tra le cinque preoccupazioni maggiori ci sono: la possibilità che degli hacker possano controllare o sabotare il corpo, la paura di danneggiare permanentemente delle parti del corpo, ma anche l’idea che questa possa essere una tecnologia disponibile solo per i ricchi. Infine, il timore di poter essere controllati da compagnie private e infine il rischio di malfunzionamenti.
L’idea quindi di una connessione così stretta tra biologia umana e tecnologia non è poi così fantascientifica e il fatto che il dibattito sul transumanesimo sia sempre piuttosto acceso dimostra un interesse (o un timore) non trascurabile verso questa tematica. Al di là della fantascienza, scopriamo allora cinque storie di cyborg reali.
Hugh Herr perde entrambe le gambe a 19 anni a causa di un danno da congelamento dei tessuti (Herr era un promettente scalatore). Raggiunge la notorietà mondiale nel 2014 quando racconta la sua storia al TED Talk: in questa occasione spiega che, dopo l’incidente e un iniziale percorso di riabilitazione, intraprende la carriera accademica e inizia a lavorare al MIT. Qui comincia a studiare e sviluppare protesi avanzate per le gambe. Progetta per se stesso un set di gambe bioniche che oltre a fungere da protesi, ha anche una serie di funzionalità aggiuntive che lo rendono un cyborg a tutti gli effetti. Definito come il Leader dell’Età Bionica da Time Magazine, sta dedicando la sua esistenza allo studio e all’avanzamento degli arti bionici e altre innovazioni nel campo della bionica.
Tilly Lockey è una giovane icona cyborg con un discreto numero di follower su YouTube, dove condivide le sue esperienze quotidiane. Fonte di ispirazione per molte persone che vivono con protesi, Tilly ha affrontato una brutta meningite a 15 mesi che le ha danneggiato i tessuti delle braccia. Dopo i primi anni caratterizzati da protesi pesanti e poco pratiche, una start up dell’Università di Bristol, la Open Bionics, le ha proposto l’utilizzo di braccia tecnologicamente avanzate, leggere e personalizzabili, che le hanno facilitato la vita e sono diventate parte integrante della sua identità.
Icona pop e della moda, tra le 100 donne più influenti della BBC, Viktoria Modesta è un’artista bionica, che ha trasformato la tecnologia delle sue protesi in un mezzo per esprimere la sua arte e la sua individualità. Nata con un difetto alla gamba fortemente debilitante e che per anni l’ha costretta a tantissimi interventi chirurgici, all’età di 20 anni decide di procedere con l’amputazione dell’arto. Caratterizzate da uno stile futuristico e audace (la gamba lampadario o quella che sembra un tacco stilizzato), le protesi di Modesta sfidano le visioni convenzionali di moda e bellezza.
Queste tre storie raccontano percorsi di resilienza e accettazione, nonché la capacità di rendere la disabilità un vantaggio. I prossimi due cyborg sono invece persone che hanno scelto di utilizzare la tecnologia come un mezzo di accrescimento delle proprie facoltà.
Parliamo di Moon Ribas, la donna che sente i terremoti. Qualche anno fa diede vita alla Cyborg Foundation, un’organizzazione che si occupa di difendere i diritti dei cyborg, sostenere l’arte cyborg e supportare le persone che vogliono diventare cyborg. Moon Ribas si serve di sottili impianti che vibrano ogni volta che, in qualche parte del mondo, c’è un terremoto: grazie a un dispositivo collegato online ai sismografi, riceve aggiornamenti costanti sull’attività sismica.
La necessità di estendere le proprie capacità caratterizza anche Kevin Warwick, quello che potrebbe essere considerato il primo cyborg della storia. Nel 1998, Warwick si impianta un chip RFID con il quale può interagire direttamente con i computer attraverso il suo corpo e dando così il via a nuove e più profonde interazioni tra l’uomo e le macchine. Quattro anni più tardi, l’impianto nel braccio di BrainGate, con cui crea una connessione diretta tra i computer e il sistema nervoso. Questo gli consente una comunicazione bidirezionale con la macchina e, conseguentemente, un’estensione della percezione sensoriale. Facendo impiantare anche a sua moglie lo stesso apparecchio, i coniugi Warwick hanno potuto sperimentare un primo esempio di telepatia tecnologica.