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Aaron Swartz, l’hacker che voleva migliorare il mondo

Quando pensiamo a internet, alla tecnologia e all’evoluzione dell’informatica, i nomi di spicco sono principalmente quelli di CEO di grandi aziende o di inventori rivoluzionari, come Steve Jobs, Tim Berners Lee e Larry Page. C’è un nome meno conosciuto alle masse, ma probabilmente altrettanto importante per gli appassionati di informatica, quello di Aaron Swartz, un hacker prematuro protagonista di una vita breve, ma estremamente intensa, destinata a lasciare il segno nella storia dell’informatica.

Aaron nasce a Chicago nel 1986 e sin dalla giovanissima età mostra un interesse sfrenato verso il mondo dell’informatica e della programmazione. Figlio d’arte, poiché entrambi i genitori facevano parte del mondo tech, ha la possibilità sin dai primi anni di vita di poter maneggiare, conoscere e comprendere i computer. Da subito si appassiona alla programmazione e comincia a sviluppare le proprie capacità. Oggi verrebbe definito un nerd dell’informatica, al punto di trovarsi meglio a sviluppare relazioni all’interno di questo mondo, che in quello “reale”. Legge, partecipa e interagisce con blog e community che discutono di varie tematiche, e riesce a farsi apprezzare sotto uno pseudonimo che nasconde il tredicenne dietro al computer.

La passione di Aaron tuttavia lo porta a mostrarsi molto in fretta, partecipando a eventi e campus sin da giovanissimo. Seppur ancora bambino, o al massimo ragazzo, le capacità dialettiche di Aaron gli permettono di avere il rispetto dei grandi, la sua capacità di spiegare in maniera semplice concetti complessi attira l’attenzione anche delle personalità di spicco di quegli anni, che talvolta lo coinvolgono all’interno dei propri progetti.

Se chiedete a Tim Berners Lee di Aaron Swartz vi risponderà che si ricorda bene di quel bambino dalle doti straordinarie.

Un bambino che sviluppa una fortissima fede in internet, come mezzo per unire le persone e in particolar modo per condividere informazioni. Nella visione di Aaron il web deve essere uno strumento gratuito per la libera circolazione delle informazioni, in particolar modo nel mondo della programmazione in cui il codice informatico deve essere a disposizione di tutti in maniera tale da poterlo costantemente integrare e migliorare.

Aaron diventa quindi un forte difensore dell’idea di Open Source.

Alla soglia dei 20anni diventa quindi un’attivista, in difesa proprio della possibilità di accedere a informazioni che dovrebbero essere di diritto patrimonio della conoscenza umana, e non merce da vendere al miglior offerente. Approfitta di un’iniziativa governativa mal pensata, che ha permesso per circa due settimane di scaricare file che solitamente erano a pagamento (al costo di 8 centesimi per pagina). Aaron in veste di hacker installa il suo programma nei computer di una biblioteca e comincia a scaricare centinaia di migliaia di informazioni, al fine di condividerle.

Qualche anno dopo Aaron si rende protagonista di una “bravata” simile, accedendo dalle stanze del MIT ai database JSTOR, scaricando ininterrottamente dati e informazioni, sino alla sua cattura.

E in questo momento si apre un periodo estremamente controverso per il mondo dell’informatica e dell’utilizzo dei dati e soprattutto per Aaron, che lo porterà alla sua morte.

La parola hacker viene spesso connotata con un’accezione negativa, ma la realtà è ben diversa. Un hacker è infatti un esperto nel suo settore, che cosa decida di fare delle proprie skill è un altro discorso. Dopo l’accesso ai dati JSTOR comincia quindi il processo contro Aaron, che tuttavia vede cadere le accuse da parte della stessa JSTOR in quanto Aaron riesce a dimostrare di non aver condiviso i file rubati e che non ci fosse da parte sua intenzione nel vendere gli stessi; la commercializzazione dei file era infatti il reato imputabile, che tuttavia non sussisteva.

Erano però anni politicamente fragili, in particolar modo anche negli aspetti legati alla gestione dei crimini informatici. L’America temeva le minacce informatiche e la possibilità che un ragazzino particolarmente preparato potesse accedere anche a informazioni governative spaventava e veniva vista come una grossa minaccia a livello nazionale.

Per questo motivo il caso Swartz divenne d’interesse quasi governativo e venne deciso di perseguire comunque Swartz, nonostante le accuse nei suoi confronti fossero state ritirate dalla parte lesa. Seguirono quindi mesi e mesi di minacce e pressioni: milioni di euro di multa e fino a 35 anni di galera erano le intimidazioni verso Aaron in attesa del processo.

Accuse violente e feroci, perpetuate sino all’11 gennaio 2013, giorno in cui il 27enne Aaron Swartz si tolse la vita.

Un nome che merita di essere conosciuto dagli appassionati di informatica, tecnologia e da chi, in generale, pensa che l’innovazione debba viaggiare sempre verso le persone, alla ricerca di modi per aiutarle e per migliorare il mondo. Se volete sapere di più su Aaron Swartz potete vedere il film “The Internet’s Own Boy” o leggere il libro “Aggiustare il mondo”.