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Errare è umano, o forse no?

Che cos’è realmente un’intelligenza artificiale e sino a dove si potrà spingere? Che cosa ci dà la possibilità di parlare effettivamente di intelligenza piuttosto che di potenza di calcolo? Che cosa va ancora compreso nel campo dell’AI?

Parlando di intelligenza artificiale le speculazioni sul futuro sono all’ordine del giorno, ma ci si ferma un po’ meno a riflettere sul presente e sul concetto stesso di AI. L’obiettivo dell’uomo sembra essere quello di riprodurre la propria intelligenza, costruendo macchine in grado di ragionare e, grazie alla potenza di calcolo dei computer, di superare l’uomo stesso in determinate funzioni. Le macchine dovranno quindi essere in grado di ragionare e questi ragionamenti potranno essere talvolta migliori e più affidabili rispetto a quelli dell’uomo.

Ma l’intelligenza è puro ragionamento? Dove collochiamo l’arte, l’istinto e l’esperienza? Saranno caratteristiche necessarie anche alle macchine e saremo in grado di replicarle?

Se facciamo una domanda a uno strumento come Chat GPT è molto probabile che questo ci dia una risposta accurata, analizzando rapidamente l’intero database di internet e fornendoci l’output che stiamo cercando. Ma che cosa succede se gli chiediamo di inventare qualcosa, come una favola? L’output che riceveremo non sarà una vera e propria invenzione, ma una sorta di collage tra fiabe già esistenti, riassemblate in maniera tale da sembrare nuove. Il concetto di invenzione non è insito nelle macchine e nelle intelligenze artificiali, ma è qualcosa che riguarda l’uomo. Talvolta (ed è forse ciò a cui miriamo) i ragionamenti dell’AI saranno talmente avanzati da sembrare o da proporre novità, ma rimarranno dei complessi calcoli più che delle vere e proprie invenzioni.

Pensiamo ad esempio al gioco degli scacchi e a come è stato rivoluzionato dall’AI: trattandosi di un gioco in cui per trovare la mossa migliorare è necessario analizzare gli scenari futuri, l’uomo non può pensare di poter battere una macchina e la sua potenza di calcolo. È oramai assodato che un essere umano non può battere un computer a scacchi. Tuttavia, nonostante l’avvento dell’AI negli scacchi abbia messo le macchine sopra all’uomo, l’essere umano trae grande vantaggio dall’analizzare le scelte dell’AI, raccogliendo nella propria esperienza nuovi modi di ragionare che torneranno utili in altre occasioni (scacchistiche e non). Quindi anche sell’AI non propone delle vere e proprie invenzioni, non è detto che un ragionamento fondato su una potenza di calcolo superiore non possa essere considerato una novità.

E l’intuizione? Una delle caratteristiche dell’uomo da cui sono nate le maggiori invenzioni della nostra storia, tra cui l’AI stessa, sarà mai un qualcosa di replicabile?

O ancora l’arte, è connessa all’intelligenza, o comunque a un certo tipo di intelligenza replicabile artificialmente? C’è ad esempio chi nel mondo della grafica o della fotografia è spaventato dalla precisione con cui i nuovi programmi basati sull’AI propongono immagini e video. Il livello di accuratezza è certamente tale da minacciare i professionisti di questo settore, ma elementi come l’ispirazione, l’intuizione artistica e la sensibilità non possono essere replicati da una macchina, che si limita a sfogliare un enorme database cercando di creare il puzzle più consono alla nostra richiesta.

L’intelligenza artificiale è una tecnologia di cui siamo ancora agli albori, nonostante abbiamo cominciato a lavorarci a metà del secolo scorso, ma scoprendola stiamo anche scoprendo nuove sfaccettature della nostra natura. A prescindere da quali saranno i livelli a cui saremo in grado di portare l’intelligenza artificiale, certamente il suo studio e il suo sviluppo sono e saranno motivo di crescita per l’uomo, non solo in campo tecnologico.